L’ideale repubblicano
Secondo Giuseppe Mazzini, la Repubblica parlamentare, fondata su libertà, giustizia, uguaglianza, è l’unica via per attuare la democrazia. A 150 anni dalla morte, il suo pensiero è ancora attuale.
Giuseppe Mazzini, uno dei protagonisti del Risorgimento, nacque il 25 giugno del 1805, tredici anni dopo la Rivoluzione francese, e morì il 10 marzo del 1872, undici anni dopo l’Unità d’Italia.
Il padre Giacomo, medico e giacobino, influenzò il suo impegno carbonaro prima e repubblicano poi. Invece la mamma, Maria Drago, giansenista, indirizzò la sua attenzione verso l’etica e la religiosità naturale. Tuttavia, anche la madre sostenne attivamente il figlio nelle lotte della Carboneria, in particolare dopo l’arresto del 1830. Per alcuni mesi Giuseppe Mazzini fu imprigionato nel carcere-fortezza di Savona, insieme a Francesco Campanella e altri carbonari, per «attività cospirativa», dopo la delazione di Raimondo Doria. Nonostante il processo si fosse concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove, Mazzini fu costretto a scegliere tra l’esilio e il confino in qualche piccolo paese del Regno d’Italia. Preferì l’esilio a Marsiglia, Lione e Ginevra.
Nel frattempo si distaccò dalla Carboneria e maturò il progetto della Giovine Italia, per una Repubblica di «liberi e uguali» in un Paese unificato. Il manifesto della Giovine Italia, che prevedeva un’insurrezione non di classe, ma di un’intera nazione, fu pubblicato sull’omonima rivista, a Marsiglia, nell’ottobre del 1831. Tre anni dopo Mazzini fondò la Giovine Europa, finalizzata a creare un’unione di nazioni, tutte uguali, senza potenze dominanti e Stati assoggettati. Il patriota criticò il modello federalista americano, ma la rottura con i federalisti italiani fu rinviata al 1848, dopo alcune rivolte fallite nel sangue (come quella in Calabria) e dopo avere preso le distanze dall’insurrezione palermitana, avvenuta nel mese di gennaio.
Mazzini si discostò sia dai moderati liberali, sia dai radicali e si concentrò sulla guerra contro l’Austria. Nel 1849 si rifugiò nella neonata Repubblica romana, nata in pieno Risorgimento dopo la rivolta interna nello Stato pontificio e la fuga di papa Pio IX a Gaeta e governata da un triumvirato composto dallo stesso Mazzini, da Aurelio Saffi e da Carlo Armellini.
Non gli mancò mai il sostegno dei genitori, nemmeno ai tempi della Repubblica romana, quando la madre polemizzò duramente contro il filosofo cattolico Vincenzo Gioberti.
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di Pietro Scaglione