Padri, amate meglio i vostri figli
Pare questo il messaggio che Nanni Moretti vuole comunicare in Tre piani, il film presentato al Festival di Cannes. Una pellicola che indaga la paternità oggi, a volte assente, tossica, distruttiva.
La tranquilla notte romana viene infranta da un’auto che procede a zig zag, travolge una donna che sta attraversando la strada e poi si schianta nella parete vetrata al piano terra di un’elegante palazzina a tre piani. Ma non sarà solo questo urto a farne tremare le pareti. Una cinepresa tanto indiscreta quanto intima comincerà, infatti, a frugare le anime di coloro che vi abitano, tessendo un drammatico mélo sulla vita. È l’incipit di Tre piani, tredicesimo film di Nanni Moretti, in uscita nelle sale italiane (dal 23 settembre) dopo gli applausi e i lusinghieri giudizi raccolti al recente Festival di Cannes, la prima vera kermesse cinematografica svoltasi in presenza dopo la pandemia. È un Moretti amaro e spiazzante quello che i suoi fan ritroveranno al cinema. Alla sarcastica visione sulle incongruenze giovanili dello splendido quarantenne (Ecce Bombo, Caro Diario) era successivamente subentrata una critica sociale più matura (Aprile, Il Caimano), sfociata in una riflessione disincantata prima sul bisogno di spiritualità dell’uomo contemporaneo (Habemus Papam), poi sugli intimi legami familiari che determinano, in un modo o nell’altro, ciò che siamo (La stanza del figlio, Mia madre). Ora Nanni va oltre e mette sotto processo la figura del padre oggi, la cui inadeguatezza o assenza sarebbe causa dei tanti squilibri dei giovani, dall’ambito familiare al tessuto sociale. È, infatti, una paternità ora tossica, ora assente, ora demolitrice quella che serpeggia tra le mura della palazzina borghese in cui lo spettatore entra all’inizio del film.
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di Maurizio Turrioni