“Torno a casa con il sorriso”

Era arrivata a Tokyo come detentrice del record mondiale a rana nei 50 metri. Su di lei c’erano grandi aspettative, nonostante l’età della giovane tarantina, 16 anni. E di Benedetta Pilato ci ricorderemo la rabbia e l’incredulità al termine della gara olimpica, quando i giudici l’hanno squalificata per sgambata irregolare. Una giornata da dimenticare la sua e comunque, visto il tempo raccolto, non sarebbe riuscita a qualificarsi. «Non so davvero perché mi abbiano squalificata. Certo, ho nuotato in maniera orribile, non me lo so spiegare, mi sentivo stanchissima mentre in riscaldamento stavo bene. La pressione mediatica? Forse sì, ma pensiamoci dopo, a mente fredda». 

Quello che è capitato a Benedetta, arrivare alle Olimpiadi con un record in tasca e ritornare a casa con una sconfitta, non è semplice da gestire, però fa parte delle “esperienze della vita”, quelle che aiutano a crescere e fortunatamente la piccola campionessa non solo l’ha già capito da sola, ma l’ha spiegato chiaramente a tutti, zittendo chi ha parlato di “fallimento”. «Finisce qui una delle esperienze più belle della mia vita. Avrei voluto fare di più. È la frase che mi ripeto da due giorni nella testa con le lacrime agli occhi», ha scritto sul suo profilo Instagram. «Sono partita con un obiettivo e purtroppo torno a casa con un po’ di delusione. Mi serve per crescere, per maturare e per riuscire meglio la prossima volta. Non sarà questo a cancellare una stagione magnifica appena finita che porterò sempre nel cuore. Un record del mondo, una medaglia importante e l’onore di essere qui, circondata dai cinque cerchi, a rappresentare la mia nazione». Una risposta limpida a chi nello sport, soprattutto quando sono gli altri a praticarlo, non tollera le pause, le crisi, le sconfitte che normalmente costellano la carriera degli atleti, come se fossero degli automi programmati per vincere e non giovani donne e uomini che gareggiano con passione.

Benedetta ha dimostrato di avere gli anticorpi giusti per superare la sconfitta. Anche se a 16 anni è dura: Jennifer Capriati era al massimo del successo a 17 anni e poi dopo una gara andata male ha deciso di prendersi anni di pausa, per poi tornare a 24 anni a essere di nuovo la numero 1. La vita degli atleti a questi livelli è fatta di fatica e grandi sacrifici, di allenamenti estenuanti tutti i giorni, di sfide con sé stessi e con gli altri, di cadute e di ricadute. La vittoria, o il record da superare, è per tutti l’obiettivo. A chi fa sport a quei livelli non basta “partecipare”. Ma Benedetta ha saputo trarre anche da questo momento difficile della sua carriera sportiva un grande insegnamento: «Torno con la consapevolezza di quello che valgo e con il sorriso. Grazie a tutti e soprattutto a chi aspettava da tanto un mio momento buio, mi aiutate soltanto a fare ancora meglio». Un’ultima stoccata a chi, pochi in verità, voci scomposte sui social e poco altro, hanno bollato la sua esperienza come “fallimento”. A 16 anni non si perde, si impara. E non è una frase priva di senso. Più che il risultato vale il percorso che l’ha portata fino a Tokyo, ora sarà pronta per nuovi obiettivi e nuove sfide, con una consapevolezza di sé maggiore.

A farle da faro una grande atleta: Federica Pellegrini, 31 anni, aveva la stessa età di Benedetta quando vinse ad Atene l’argento, ma il suo percorso non è stato certo semplice, subito dopo ha dovuto affrontare e superare le crisi di panico e i disturbi alimentari. Eppure quest’anno è entrata nella storia, qualificandosi alla sua quinta finale olimpica nei 200 stile libero. Un grande primato considerando che solo Michael Phelps ci era riuscito nei 200 farfalla. «Lui l’ha vinta però», ha detto Federica. «Io sono veramente felice così, non prendiamoci troppo in giro, questo era l’obiettivo con le Olimpiadi spostate di un anno e il mio corpo che mi chiede i minuti di ritorno con gli interessi».

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