Un pianeta da salvare

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A conclusione dell’anno speciale dedicato all’enciclica Laudato si’, la Chiesa invita a proseguire l’impegno per la tutela del Creato. In un mondo in cui tutto è connesso, ciascuno deve fare la propria parte contro le ecomafie, i cambiamenti climatici, la dispersione di plastica negli oceani

Custodire. È questa la parola che sintetizza il compito dell’essere umano su questo pianeta: Dio ci ha consegnato il Creato e noi abbiamo il dovere di averne cura. L’esortazione lanciata nel 2015 da papa Francesco con l’enciclica Laudato si’ è ancora lì, dopo sei anni, come una scritta luminosa che non ha alcuna intenzione di spegnersi. Anzi, ha brillato ancora più forte nel periodo appena trascorso, che è stato dichiarato dal Pontefice anno speciale dell’enciclica stessa, chiuso il 24 maggio. Dodici mesi durante i quali la Chiesa non si è dedicata solo alla riflessione sull’impatto che la mancata cura del Creato ha sulla salute, sull’ambiente e sulle dinamiche sociali e lavorative, ma si è anche impegnata in azioni concrete – collaborando attivamente con le istituzioni, organizzando convegni, istituendo percorsi educativi – e ha verificato quanto il messaggio di Bergoglio contenuto nel documento sia stato compreso e accolto. «Tanto si sta facendo, ma non è ancora abbastanza», ha commentato monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra, una cittadina in provincia di Napoli, e presidente della Conferenza episcopale campana, intervenendo alla presentazione del Rapporto sulle ecomafie 2020 di Legambiente Campania. «Con la sua enciclica papa Francesco ha incoraggiato la Chiesa a intraprendere un cammino e quest’ultima ha presentato richieste precise e si è impegnata in varie iniziative. Ma c’è bisogno di fare di più, è necessario che tutti si attivino per superare l’approccio negazionista che porta a una sottovalutazione del problema. E bisogna che tutti gli attori si coordinino: le istituzioni, che devono cominciare a parlarsi e a interagire; i cittadini, che devono diventare “sentinelle” del territorio; le associazioni, che lavorano tanto, ma sono ancora troppo divise tra loro; la Chiesa, che deve portare avanti anche un’attività di formazione sulla difesa del Creato. Un lavoro che non deve essere svolto solo in Campania, ma ovunque, perché in Italia non c’è una sola Terra dei fuochi, ma tante». Quando parla di quest’ultima, il vescovo si riferisce a quell’area compresa tra le province di Napoli e Caserta, caratterizzata dalla presenza di discariche abusive e dall’interramento di rifiuti tossici, che hanno conseguenze disastrose sull’ambiente e sulla salute della popolazione. Ma, stando al documento di Legambiente, l’ecomafia è una piaga diffusa in tutte le regioni italiane (la Lombardia è in pole position per numero di arresti per reati ambientali nel 2019) e la Campania ha solo scoperchiato il vaso di Pandora.

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Annalisa Misceo

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