Occhi aperti sul Congo

Dopo l’uccisione dell’ambasciatore Luca Attanasio, di Vittorio Iacovacci e di Mustapha Milambo, bisogna dare continuità agli sforzi del nostro diplomatico per lo sviluppo del Paese. Solo così si potrà onorare la loro memoria. 

Assumere un ruolo di responsabilità richiede il coinvolgimento di tutta la persona. In un lavoro come quello che si svolge nelle rappresentanze diplomatiche ci si potrebbe estraniare dalla realtà circostante, rimanendo nello spazio protetto dell’ambasciata, degli uffici consolari o della residenza, quasi come in un castello in cui si eliminano le possibilità di accesso e di uscita. Essere inviati in un Paese straniero, però – lo sanno bene i missionari – richiede immedesimazione, condivisione, partecipazione. Lo ha mostrato con la sua attività sul campo l’ambasciatore d’Italia nella Repubblica Democratica del Congo Luca Attanasio. Il tragico epilogo del suo impegno umanitario è avvenuto il 22 febbraio sulla strada sterrata che raggiunge Goma, capoluogo della provincia del Nord-Kivu, ben prima che il diplomatico potesse essere soccorso all’ospedale, dove è giunto ormai esanime. Quello stesso giorno, di buon mattino si era messo in viaggio nella direzione opposta, verso una zona periferica, con il convoglio del Programma alimentare mondiale, per visitare una scuola che riceve alimenti al fine di assicurare la sopravvivenza e la buona salute dei suoi alunni. Verso le 10.30 un blocco stradale ha impedito il transito dei veicoli. Immediatamente gli assalitori hanno ucciso l’autista Mustapha Milambo e obbligato gli altri passeggeri a scendere e a incamminarsi nel sottobosco.

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Roberto Ponti

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