All’origine del male

Getty images

Omar ed Erika, la Uno bianca. Ma anche gli episodi di violenza cui continuiamo ad assistere. Il criminologo Adolfo Ceretti ci guida alla scoperta del lato oscuro che può esserci in ciascuno di noi. Ma si può non cedere all’odio. Puntando su famiglia, scuola e buona politica.

«Viviamo, certo, tempi scuri: ma gli strumenti per uscirne non devono essere totalmente inidonei alla difesa delle istituzioni e della vita dell’individuo; o indiscriminatamente compressivi della libertà individuale, in nome di ragioni di emergenza il cui sbocco frequente ci è purtroppo ben noto». Parole attualissime se non fosse che sono state pronunciate dal giudice Guido Galli, assassinato alle 16.50 del 19 marzo 1980. Dicono, ancora oggi, del confronto della politica impegnata ormai da anni a discutere di gestioni in emergenza in cui l’alternativa sembra essere sempre quella di comprimere le libertà individuali. Il nostro quotidiano è ricco di esempi che, a leggere la storia degli ultimi decenni, sembrano ripetersi, quasi a confermare che siamo il frutto di ciò che ci accade. Il criminologo Adolfo Ceretti, con il suo libro Il diavolo ti accarezza i capelli (Il Saggiatore, pp. 334, € 25), ci guida attraverso le cronache nere più gravi che hanno colpito l’Italia. E la teoria dello stato di emergenza la ritroviamo più volte, soprattutto quando Guido Salvini, al termine dell’ultima istruttoria sulla strage di piazza Fontana  – conclusasi con la sentenza di Cassazione nel 2005 e l’assoluzione di tutti gli imputati –, sottolinea che il vero movente delle bombe era quello di indurre l’allora presidente del Consiglio Mariano Rumor a decretare lo stato di emergenza, in modo da facilitare l’insediamento di un governo autoritario. La politica è al centro di tante vicende di violenza e, in passato, è stata protagonista di «una guerra civile di bassa intensità» che, ancora oggi, deve fare da monito alle nuove generazioni. La politica deve essere pedagogica nei confronti dei suoi sostenitori più violenti. Deve saper parlare soprattutto a loro, per non aizzarli contro le istituzioni e contro lo stesso popolo. L’esempio più eclatante, ultimo in ordine di tempo, è quello di Donald Trump, che forse non avrebbe immaginato di vedere invadere la sede del Congresso. Avrebbe, però, dovuto aspettarselo, se avesse fatto una riflessione su ciò che diceva e a chi lo diceva.

Il seguito sulla rivista

Antonio Dell’Anna

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *