Droga, così uccide i nostri figli

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Tratto da una storia vera, il libro Alice e le regole del bosco dello psicologo Simone Feder racconta il baratro in cui precipitano i ragazzi che fanno uso di stupefacenti. Un abisso oscuro, in fondo al quale, però, si può sempre trovare una luce.

Non succedeva prima. Solo da pochi anni accade di incontrarli, sui treni o sulle banchine della metropolitana della stazione più a Sud di Milano. Sono giovani, giovanissimi, qualche volta li accompagna un cane più lacero e ramingo di loro. Sono smunti, eppure il più delle volte non hanno perso quello che Fabrizio De André, che di derelitti se ne intendeva, chiamava in Crêuza de mä, «udù de bun», l’odore di buono, la faccia da bravi ragazzi. Sono i giovani del bosco di Rogoredo, oltre il ponte dell’autostrada, quello che tutta Italia ormai identifica come lo zoo di Berlino di casa nostra. Non succedeva prima che in metropolitana a chiedere l’elemosina ci fossero ragazzi chiaramente italiani, adolescenti o poco più, e che domandassero non solo soldi, ma l’avanzo di una merenda, qualcosa da mangiare, esibendo visi che si vede lontano un miglio che non sono figli del degrado, non come l’abbiamo sempre inteso almeno. È una cosa nuova. Le cose che sapevamo sulla droga vanno aggiornate, in fretta. Alice, protagonista di Alice e le regole del bosco, scritto da Simone Feder per Mondadori come un romanzo, ma con la consapevolezza feroce che romanzo non è, poteva essere dei loro. Se non lo è più, se ha preso la maturità, se il bosco non l’ha risucchiata per sempre è anche perché Simone e i suoi collaboratori non hanno avuto paura di addentrarsi oltre il ponte e di tendere una mano senza giudicare. Ma non è stata una passeggiata, il libro racconta con crudezza quanto è facile entrare e quanto è difficile uscire dall’intrico del bosco.

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Elisa Chiari

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