Quarant’anni fa la strage di Bologna

Agf

Ottantacinque persone morte, più di 200 ferite: quel 2 agosto 1980, quando una bomba sventrò la stazione, segnò e ancora segna una pagina drammatica della storia italiana, uno degli atti terroristici più gravi del secondo dopoguerra.

 Due agosto 1980, poco dopo le dieci. La stazione di Bologna è particolarmente affollata quella mattina: oltre al consueto traffico dei pendolari, molte persone stanno andando in villeggiatura, altre viaggiano verso casa per le vacanze estive. Ancora oggi il capoluogo emiliano è uno snodo fondamentale per le tratte ferroviarie e passano da lì quasi tutti i treni che collegano il Sud al Nord Italia. Alle 10.25 una violenta esplosione. È questione di attimi, frammenti di secondi. Basta così poco per distruggere la vita di 85 persone e delle loro famiglie e per ferirne più di 200 in quello che è ricordato come il più grave atto terroristico del secondo dopoguerra. I 23 chili di esplosivo erano contenuti in una valigia abbandonata in una sala d’aspetto, appoggiata su un tavolino portabagagli sotto un muro portante allo scopo di aumentare l’effetto dello scoppio. L’onda d’urto è tale da far crollare un’intera ala della stazione, investendo in pieno il treno Ancona-Basilea in sosta al primo binario, distruggendo 30 metri di pensilina e il parcheggio dei taxi antistante l’edificio. Immagini di distruzione, di violenza inaudita e insensata, che straziano ancora dopo 40 anni. È possibile scorgere nelle fotografie di quei momenti il dolore e la disperazione, i corpi arsi, i taxi e le auto private che si aggiungono alle ambulanze nel tentativo di portar via i feriti in tempo. Passeranno tristemente alla storia l’autobus numero 37 ricolmo di barelle e le persone a terra, prive di sensi. Il resto è la cronaca di un Paese dilaniato dall’ennesimo atto terroristico, con i medici e il personale ospedaliero bolognesi che fanno ritorno dalle ferie per prestare cure alle vittime.

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Marta Perrini

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