Al passo con la natura

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Dopo mesi difficili, l’idea di una vacanza sembra quasi un miraggio. Si sente la necessità di ritrovare spazi di tranquillità, bellezza e libertà. C’è più bisogno di lentezza e insieme di prudenza: da una parte per un desiderio riscoperto di vivere ritmi più umani, dall’altra perché i dati sul contagio richiedono ancora di muoversi con cautela. Il turismo lento, finora un po’ “schiacciato” da quello di massa, può essere una valida risposta. Un modo migliore per abitare la casa comune.

Scegliere di viaggiare lento porta con sé molte scoperte. Che coinvolgono i cinque sensi, potendo incontrare la bellezza, i sapori, gli odori, i suoni, il contatto con la terra, ma che nutrono anche l’interiorità con i valori di cui il viaggio lento è custode generoso: li conserva per rendere più ricca l’esperienza del viaggiatore, ma non ne è geloso e li versa nel cuore del viandante perché si facciano, nel tempo, vita e senso. «Il turismo lento non nasce come antidoto a qualcosa, ma come motivazione», spiega Gaia Martina Ferrara, fondatrice di Viandando, presidente di Ad limina Petri, con migliaia di chilometri percorsi in bicicletta per l’Europa (fino in Palestina), e progettatrice di itinerari lenti, «è qualcosa di ontologico nell’uomo e il pellegrinaggio, che esiste da sempre, ne è un esempio. È il turismo veloce a essere nato dopo, con l’avvento dei mezzi di trasporto. La lentezza, prima ancora che una questione di tempo, è uno stato dell’anima ed è favorita dal mezzo di trasporto scelto». Turismo lento, infatti, significa coinvolgimento fisico attraverso il cammino, la bicicletta, ma anche mezzi a motore più o meno sostenibili (come e-bike, monopattini, hoverboard) che offrono la possibilità di viaggiare lentamente. «La lentezza va di pari passo con l’immersione nel contesto», prosegue Ferrara, «e permette di vivere la conquista dello spazio che si percorre, una percezione molto diversa rispetto al viaggio in macchina, in treno o in aereo».

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Luisa Pozzar

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