La cultura ripartirà?
La pandemia e il successivo lockdown hanno colpito gravemente il settore culturale in Italia, che già non godeva di buona salute. La cultura è preoccupata, e a ragione, per la propria sopravvivenza. Sono preoccupati gli editori, i librai, gli artisti e i collezionisti, il teatro, il cinema, i musei, la musica.
Nel decreto Rilancio del 19 maggio 2020 sono contenute importanti misure per il sostegno ai settori della cultura e del turismo. «Tutti i settori hanno sofferto duramente in questa crisi», ha dichiarato il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, «ma il turismo e la cultura sono quelli che hanno pagato maggiormente le conseguenze dell’epidemia. Il decreto Rilancio prevede interventi per sostenere le imprese turistiche e culturali». Tra le misure ci sono quelle a favore delle città d’arte, delle fondazioni lirico sinfoniche, degli organismi dello spettacolo e della cultura, delle librerie, dell’industria cinematografica, degli autori. Cinque miliardi di euro che andranno a supporto delle grandi istituzioni, ma non potranno aiutare la rete dei medi e piccoli centri culturali, che spesso rappresentano, nei quartieri delle città o nei piccoli comuni, gli unici motori di diffusione culturale.
Per questo nelle scorse settimane musicisti e lavoratori dello spettacolo (attori e registi teatrali e cinematografici, scenografi, tecnici luci e suoni) hanno manifestato in tutta Italia, da Milano a Napoli. Per ricordare che «quasi tutti noi lavoriamo nella precarietà dichiariamo da oggi lo stato di agitazione permanente». Tanti i cartelli con scritte come «senza di noi le idee restano idee» e ancora «il nostro lavoro è dal vivo no al Netflix della cultura».
Come spiega, in un suo recente intervento, Giovanna Segre, docente di Economia della cultura all’Università di Torino, «Mi sembra che nel breve periodo non ci siano molte possibilità di reinventarsi, la cultura non si produce tanto facilmente in base a esigenze “esterne”, non si possono distanziare gli attori tanto sul palco quanto sul set per rispettare le distanze di sicurezza, non si può modificare la composizione di un orchestra o la messa in scena di un’opera lirica. E anche dal punto di vista della fruizione è difficile immaginare come un pubblico che cerca l’emozione della partecipazione culturale possa trovarla in un ambiente che fisicamente separa e allontana dagli altri. Forse a questo problema fanno eccezione i musei, dove un po’ di distanza in prospettiva potrebbe invece aiutare a godere della visita».
Festival, spettacoli teatrali, concerti, tutto il “live” è saltato: molti teatri stanno chiudendo, le produzioni cinematografiche indipendenti sono ferme, le tournée musicali sono bloccate e tutto è stato rimandato al 2021. «Il 15 giugno» dicono gli organizzatori della manifestazione milanese dello scorso 20 giugno «avrebbero dovuto ricominciare le attività dello spettacolo, ma tutto rimarrà fermo fino al 2021, non c’è una riprogrammazione» e per questo «chiediamo un reddito sussistenza e di continuità». Come succede in altri Paesi europei, a partire dalla vicina Francia, che ha messo in campo un sussidio immediato, per un anno, dedicato a tutti i lavoratori dello spettacolo.