«Io, rinato dopo il covid»

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Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, racconta la sua esperienza in terapia intensiva, la prossimità con la morte, l’importanza delle relazioni. E spera che la pandemia possa essere un tempo di cambiamento, sia per la società che per la Chiesa.

Era la mattina del 5 maggio, il cielo era dipinto di azzurro e i tigli, con il loro fitto fogliame, ombreggiavano il viale, lasciando appena filtrare una tiepida luce. Proprio quel giorno monsignor Derio Olivero, dal 2017 vescovo di Pinerolo, in provincia di Torino, era stato dimesso dall’ospedale, dove era stato ricoverato 40 giorni per coronavirus. Un’altra possibilità, un nuovo inizio, quasi una seconda vita. La sua prima celebrazione dopo la guarigione si è tenuta domenica 14 giugno, alla presenza di oltre 400 fedeli, sulla scia della canzone La cura di Franco Battiato. «Tutta la Messa», ha ricordato il vescovo, «ci ricorda che per Dio siamo davvero speciali e lui si prende cura di noi».

Monsignore, il suo è stato un ricovero lungo, e anche difficile…

«Sì, è stata un’esperienza davvero dura, ho attraversato tutte le fasi della malattia: maschera, casco, intubazione, tracheostomia. Per due-tre giorni ho camminato con la morte vicino. Però alla fine ce l’ho fatta e per questo sono grato e felice».

Cosa ha provato nelle ore più drammatiche?

«Stando di fronte alla morte sentivo che tutto svaniva, tutto evaporava: il corpo, i progetti, le iniziative. Sono rimaste due cose, molto solide: la fiducia, che per me è fiducia in Dio, e le relazioni. Sono queste le cose che contano, tutto il resto crolla».

Ha purtroppo visto alcuni dei suoi compagni di stanza morire…

«Sì, molti accanto a me sono morti da soli, in totale isolamento. E la solitudine subita è la peggiore condanna. Ricordiamoci di questo e cerchiamo di continuare ad agire con prudenza e attenzione, anche adesso che si sta andando verso una sempre maggiore apertura».

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Paola Arosio

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