L’ultimo volo della gabbianella

Agf

La pandemia ha portato via Luis Sepúlveda, il grande scrittore cileno, attivo politicamente, poetico e profondo. I suoi libri sono stati pubblicati e amati in tutto il mondo.

Il coronavirus ci ha portato via Luis Sepúlveda. Lo scrittore cileno è morto la mattina del 16 aprile dopo 48 giorni di ricovero all’Hospital Universitario Central de Asturias, nella città spagnola di Oviedo. Il suo era stato il primo caso accertato di contagio da covid-19 nelle Asturie. Sepúlveda era rimasto contagiato insieme alla moglie Carmen durante un festival letterario in Portogallo. Ricoverato con i sintomi della polmonite, aveva avuto alti e bassi. Carmen nel frattempo si era ripresa, lui è stato assistito in terapia intensiva e alla fine ha ceduto. Il dolore è stato planetario, perché Sepúlveda aveva scritto libri tradotti in 55 lingue e perché si faceva voler bene. Era uno scrittore non distratto o lontano dalle vicende del mondo, la militanza politica ha sempre accompagnato la sua vita. «Raccontare è resistere», diceva spesso citando lo scrittore brasiliano Joao Guimaraes Rosa. Amava il contatto con il pubblico, un atteggiamento che probabilmente gli è stato fatale durante il viaggio in Portogallo. Amava anche l’Italia, a metà marzo era atteso a Roma, dove al Parco della musica avrebbe dovuto inaugurare l’edizione 2020 di Libri Come, ma prima c’è stato il suo ricovero, poi l’annullamento della manifestazione. Nel maggio di un anno fa era stato ospite del Salone del libro di Torino.

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Roberto Zichittella

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