Quando i figli lasciano il nido
Ho sempre scritto queste righe avendo ben chiaro l’obiettivo di comunicare concrete esperienze vissute o, al massimo, quelle che, pur raccontate da altri, lasciano un segno perché animate dal desiderio di non confinare nell’intimo la paternità. Ma di farne piuttosto, nei limiti del possibile, un momento di condivisione, un afflato di relazione. Anche se a distanza.
Bene, questa è proprio una di quelle situazioni in cui, prima o poi, tutti i padri si trovano coinvolti. Ossia: il figlio, già abbastanza grandicello (almeno rispetto agli standard europei), si appresta a lasciare la casa dei genitori e ad andare a vivere per conto proprio. Quindi il papà, con il quale ha un ottimo rapporto (perché parlano tanto, a volte anche con asprezza, ma è fisiologico), comincia già a sentire, come dire, un certo brivido.
Penso al confronto sull’ultimo film visto, sull’ultimo libro letto, sulla recente serie tv, sul nuovo disco del cantautore emergente. E poi alle battute ironiche, alle risate sulle vecchie consuetudini di noi boomer, ai commenti sui vestiti demodè e persino alle critiche pacate, ma sincere, su certe ritualità religiose spesso praticate per consuetudine. Certo, tutto ciò mi mancherà. E le partite condivise tra abbracci e urla? Quelle, mi ha assicurato, verrà, di tanto in tanto, a vederle a casa.
Il seguito sulla rivista.
di Vittorio Sammarco