Kevin Costner ritorno nel West

Il divo riappare nelle sale con Horizon, classica saga western. E fa bene, perché ogni volta che ha indossato cappello e stivali ha fatto centro. Al botteghino e nel cuore del pubblico.

Baffoni e mosca sul mento argentati come i corti capelli, fisico atletico e asciutto, sguardo perennemente malandrino. Kevin Costner, a 69 anni suonati, si è presentato in gran forma sulla Croisette per la montée des marches della sua nuova pellicola, Horizon: an american saga (divisa in due parti, la prima nei cinema dal 4 luglio e la seconda dal 15 agosto).
«Sono passati vent’anni dall’ultima volta che avevo avuto il piacere di essere a Cannes per Open range, un altro western», ricorda Kevin, ancora fascinoso e carismatico dopo quarant’anni di carriera inaugurata con i successi mondiali di Fandango, Silverado e Gli intoccabili. «Ho aspettato che fosse il momento giusto per tornare in Europa. Perché non c’è posto migliore per mostrare a tutti una nuova magnifica avventura».
La missione? Rinverdire il sogno americano del cinema popolare western. Che è in fondo la cosa che, dopo tanti anni di set, gli riesce ancora meglio. Non solo per i sette Oscar vinti a inizio anni Novanta con Balla coi lupi (tra cui le statuette per il miglior film e la miglior regia, ma non quella del miglior attore). Il fatto è che, ogni volta che si è messo cappello e stivali da vaquero per tornare in sella, Costner ha fatto centro sia al botteghino, sia nel cuore del pubblico. Ultima conferma la fortunata serie tv Yellowstone (cinque stagioni su Sky), in cui ha incarnato il patriarca, vecchio stile, del più grande allevamento dell’America di oggi, nella natura mozzafiato del Montana, tra faide familiari e lotte contro gli speculatori edilizi. Un successo che lo ha convinto fosse ancora possibile, perfino attuale, tornare nel cuore del selvaggio West. In Horizon ci sono i nordisti e gli indiani apache, le lente carovane di pionieri e le cavalcate a rotta di collo, gli immensi campi di grano sullo sfondo rosso della Monument Valley, cara a John Ford. Insomma, tutto l’armamentario del classico western, filtrato, però, attraverso lo sguardo malinconico della modernità. «Un’epoca violenta, certo, ma anche avventurosa. Ogni giorno si galleggiava tra la vita e la morte», sottolinea la star di JFK, Guardia del corpo, Un mondo perfetto. «Non è che io sia ossessionato dal genere western, piuttosto direi che sono innamorato della storia del mio Paese che, comunque la si voglia giudicare, è stata costruita con sangue, sudore e lacrime».

Il seguito sulla rivista.

di Maurizio Turrioni

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