Intelligenza artificiale una rivoluzione
Una volta era utilizzata solo dagli esperti, ora è alla portata di tutti. Nelle case, negli uffici, in ospedale. Una tecnologia utile, a patto di usarla nel modo giusto. E di vigilare, affinché non venga impiegata per orientare l’opinione pubblica.
«Siri, che ore sono?». «Mentre cucino l’aspirapolvere pulisce la casa». «Mamma, per sapere quali sono le opere di Picasso digito sui motori di ricerca “quadri Picasso?”». «Sai che la macchina di Luca suona quando supera il limite di velocità?». L’intelligenza artificiale è già tra noi, nelle nostre case e nelle nostre vite. E si sta diffondendo a un ritmo fino a pochi anni fa inimmaginabile. Ci saranno a breve sistemi per gestire gli orari dei mezzi pubblici in base al numero di persone in attesa alla banchina o per elaborare la diagnosi a partire dagli esami di un paziente. Si sta avverando il futuro distopico di cui lo scrittore George Orwell (il 25 giugno si celebrano i 120 anni dalla sua nascita) parlava nel romanzo 1984? Non si parla d’altro: vantaggi da una parte, limiti e pericoli dall’altra.
Ma che cos’è l’intelligenza artificiale? È l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane, come ragionamento, apprendimento, pianificazione, creatività. Si tratta di sistemi che ricevono i dati, li processano e rispondono di conseguenza.
«Il termine intelligenza artificiale è fuorviante, perché se pensiamo all’intelligenza pensiamo a quella umana, ma questo caso è del tutto diverso», spiega Marco Schiaffino, direttore del sito ZeroUnoWeb, esperto di nuove tecnologie e cybersecurity. «Alla base ci sono meccanismi di automazione molto complessi, in grado di correggere da soli i propri errori. Ma si tratta di sistemi molto schematici rispetto al modo in cui ragiona il cervello umano, che è capace di mediazione e di compromesso. La famosa chatGpt, che sembra saper parlare in maniera molto evoluta e corretta grammaticalmente, in realtà si esprime su una base statistica. Sa che le parole vengono combinate in un determinato modo sulla base del campione che ha esaminato, che le abbiamo mostrato».
Il termine intelligenza artificiale è stato coniato nel 1956 nel dipartimento di matematica della Dartmouth University, negli Stati Uniti, dall’informatico John McCarthy. Una tecnologia che si usa da decenni in diversi ambiti, ma che oggi sta registrando un vero e proprio boom. E ciò è dovuto al fatto che ultimamente è stata creata un’interfaccia che tutti possono usare con facilità. Prima, per interagire con la macchina, bisognava essere specialisti, conoscere un linguaggio specifico, ora è sufficiente parlare o scrivere. Il dialogo tra uomo e sistema è diventato più semplice e questo rende l’intelligenza artificiale alla portata di manager e impiegati, colletti bianchi e tute blu.
Facile da usare, quindi, e applicabile in tutti i settori: dall’editoria alla medicina, dal marketing al diritto, dalla politica alla finanza. Si può usare, per esempio, per calcolare l’evasione fiscale o per stabilire il prezzo dei prodotti. Per studiare i trend demografici o per suggerire investimenti finanziari. È presente nella ricerca online, negli assistenti digitali, nelle case domotiche (dove battendo le mani si accendono le luci), nell’urbanistica (l’illuminazione pubblica automatizzata), nel settore automobilistico (dove le auto arriveranno a guidare da sole), nell’informazione (articoli e giornali scritti da applicazioni di intelligenza artificiale).
Il seguito sulla rivista.
di Cristina Colli