Oui, je suis Catherine Deneuve

Nel film La moglie del presidente, ora nelle sale, la diva interpreta la consorte di Jacques Chirac. Ironica ed enigmatica, non nasconde, però, la sua predilezione per l’Italia e per gli italiani.

Con lei, è stato amore a prima vista. Come può accadere a un adolescente che, rifugiatosi nel buio di un cinema per sfuggire alla realtà con la complicità di un cineasta visionario (la pellicola era Bella di giorno e il geniale regista Luis Bunuel), scopre sullo schermo la quintessenza della femminilità: algida e sensuale, intelligente ed enigmatica, bionda e irraggiungibile. Catherine Deneuve aveva 23 anni e la sua carriera era in piena ascesa, dopo essersi rivelata al grande pubblico con Les parapluies de Cherbourg di Jacques Demy. Da allora la diva più famosa del cinema francese ha recitato in 112 film, tra cui parecchi successi (Notte sulla città di Jean-Pierre Melville, Miriam si sveglia a mezzanotte di Tony Scott, Fort Saganne di Alain Corneau, Indocina di Regis Wargnier, Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli, 8 donne e un mistero di François Ozon) e alcuni capolavori (Tristana ancora di Luis Bunuel, La mia droga si chiama Julie e L’ultimo metrò di François Truffaut, La cagna di Marco Ferreri, Dancer in the dark di Lars von Trier). Oltre sessant’anni di carriera coronati dall’Orso d’oro di Berlino, dalla Palma d’oro di Cannes e dal Leone d’oro di Venezia, più tantissimi altri premi.
Oggi, a 80 anni portati con immutato charme e innata eleganza, Deneuve non solo incarna un bel pezzo di storia del cinema, ma lo fa senza tirarsela. Anzi, alle celebrazioni del mito preferisce il lavoro, continuando a calcare set in giro per il mondo. Immancabile presenza a Cannes (tanto che lo scorso anno il festival le ha dedicato il poster originale: una bellissima immagine in bianco e nero ripresa sulla spiaggia di Pampelonne per il film La Chamade di Alain Cavalier, anno 1968), poco prima di raggiungere la Croisette è stata a Roma per presentare il suo ultimo film, La moglie del presidente (già nelle sale), diretto dall’esordiente Léa Domenach. Non una novità per lei, abituata a sostenere il debutto di giovani registi. «L’esperienza e la fama di chi fa il film non m’interessano. Se la sceneggiatura mi piace, non ci sono altri ostacoli», dice con un sorriso che non ammette replica. «Non amo i film biografici, i cosiddetti biopic, e mai avrei accettato di interpretare un ruolo ispirato a una persona reale come Bernadette, la novantenne vedova dell’ex presidente francese Jacques Chirac, se non fosse stato per il copione scritto da due donne divertenti e brillanti quali sono Léa, la regista, e Clémence Dargent. Ho trovato formidabile questa sceneggiatura, che parte da una storia vera per poi trascendere la realtà, sconfinando nella commedia». 

Il seguito sulla rivista.

di Maurizio Turrioni

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