Non c’è pace in questo mondo
Le guerre insanguinano non solo l’Ucraina e la Striscia di Gaza, ma anche Yemen, Siria, Myanmar, Sahel, Haiti, Colombia. Paesi dimenticati, dove la concordia resta ancora un’utopia.
Due anni di martirio, senza tregua. Era il 24 febbraio del 2022 quando la Russia ha sferrato un’aggressione massiccia, su vasta scala, al territorio ucraino, dando inizio a un conflitto che la diplomazia internazionale non è riuscita a scongiurare, né a traghettare verso una risoluzione. Una guerra che ha provocato più di otto milioni di profughi all’estero e che continua a far pagare ai civili rimasti nel Paese un prezzo altissimo: a ottobre del 2023, il rapporto della Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha rivelato che gli scontri armati avevano causato, dal loro inizio, quasi 10 mila morti e decine di migliaia di feriti. Un bilancio che, in questi ultimi mesi, ha inevitabilmente continuato a crescere. Così come continua ad aumentare il numero dei soldati caduti, da una parte e dall’altra: anche se le cifre esatte non vengono rese note né da Kyiv né da Mosca, pochi mesi fa si parlava di almeno 500 mila militari morti dall’inizio dell’invasione russa. Dati, comunque, destinati a variare.
«La gente è stanca, terribilmente stanca», osserva don Mariusz Krawiec, sacerdote paolino e giornalista polacco che vive da oltre dieci anni a Leopoli, la città dell’estremo occidente ucraino che, dopo essere stata per lungo tempo risparmiata dall’offensiva russa, è diventata bersaglio degli attacchi delle forze di Mosca. «Anche nell’Ovest, come in tutto il Paese, la popolazione adesso è esasperata. Nei primi mesi, il primo anno di guerra, la gente era sostenuta dalla convinzione che il conflitto sarebbe durato poco tempo e che presto si sarebbe arrivati a una soluzione. Ma dopo due anni la pace appare ancora lontana».
D’altra parte, come sottolinea monsignor Maksym Ryabukha, salesiano, vescovo ausiliare greco-cattolico dell’Esarcato arcivescovile di Donetsk, «se nell’Ovest si tratta di un paio di anni di guerra, nelle regioni dell’Est si vive da dieci anni in un conflitto, quello scoppiato nell’aprile del 2014 nel Donbas fra l’esercito ucraino e le forze separatiste filorusse direttamente sostenute da Mosca».
Con l’arrivo della rigida stagione invernale, la guerra si è bloccata in una situazione di sostanziale stallo, con l’esercito di Kyiv che ha molte difficoltà nel far valere sul campo la propria controffensiva in modo concreto. Mosca, dal canto suo, ha pesantemente inasprito l’offensiva, rafforzando il contingente militare impegnato sul territorio ucraino e continuando a sferrare attacchi missilistici su tutto il Paese, dalla capitale Kyiv a Kharkiv, fino a Kherson, colpendo in modo indiscriminato edifici e quartieri residenziali abitati da civili. Come osserva monsignor Ryabukha, «la situazione è particolarmente difficile nei territori occupati, dove i russi hanno impedito ogni tipo di comunicazione con i territori liberi». A marzo la Russia vota alle elezioni presidenziali e ci sono pochi dubbi che Putin vedrà confermato il suo potere incontrastato fino al 2030.
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di Giulia Cerqueti