Itinerari pasquali

Da Procida a Sulmona, fino a San Colombano. Nel nostro Paese la Settimana santa viene ricordata con canti, processioni, celebrazioni. Riti suggestivi che punteggiano la penisola incarnando la pietà e la devozione popolare.

La Pasqua, e in particolare la Settimana santa, hanno sempre avuto un posto particolare nella rappresentazione popolare della nostra penisola. Se la liturgia cattolica ha il suo apice nella domenica della Resurrezione, la pietas ha sempre trasformato la liturgia del sacro in una liturgia della vita.
Processioni, canti, celebrazioni: ancora oggi le espressioni della pietà hanno molto da insegnarci e il nostro Paese ne conta a centinaia. Ogni strada, contrada, borgo marinaro, montano o di compagna hanno una loro storia, che racconta la festività pasquale con uno stile, un dialetto, una liturgia particolari. Osservando la mappa dei riti più suggestivi della Settimana santa, legati alla rievocazione della morte e della Resurrezione di Cristo, ne abbiamo scelti sette.


La leggenda di San Colombano
La leggenda di San Colombano tra Milano e Pavia, per iniziare. Qui si trata, più che altro, di un rito gastronomico. Pare, infatti, che la colomba, il famoso dolce che si consuma proprio durante i giorni di Pasqua, sia nata da queste parti.
Un’antica leggenda racconta che l’abate irlandese San Colombano, attorno al 612, venne ricevuto dai sovrani longobardi con un sontuoso banchetto a base di selvaggina. Ma il santo non la mangiò, visto il periodo di penitenza quaresimale. La regina Teodolinda si offese, Colombano disse allora che avrebbe consumato le carni solo dopo averle benedette. Alzò, dunque, la mano in segno di croce e la selvaggina si trasformò in pane a forma di colomba, un pane bianco come le tuniche dei monaci.
Oggi la colomba pasquale, complice San Colombano, è uno dei dolci italiani più conosciuti nel mondo.


La processione di Erto
Erto, borgo montanaro in provincia di Pordenone, noto purtroppo per il disastro del Vajont, vive il suo Venerdì santo lungo le vie più antiche del paese dal 1631, quando i cittadini fecero voto di celebrare questa ricorrenza ogni anno per essere risparmiati dall’epidemia di peste.
Gli abitanti del luogo, che tramandano oralmente questa tradizione di generazione in generazione, si vestono con abiti romani e inscenano la Passione di Cristo. Cinquanta attori, denominati “cagnudei”, cioè giudei, mettono in scena, con il rullo dei tamburi, il processo a Gesù e la salita al Calvario. Gesù, i sommi sacerdoti, gli apostoli, le pie donne, la Vergine Maria, i discepoli, i legionari romani, i ladroni e i tanti personaggi raccontati nei Vangeli ripercorrono le dolorose tappe della Passione. Uno scenario unico e nostalgico, che si fonde benissimo con l’atmosfera antica e naturale delle Prealpi friulane.

Il seguito sulla rivista

di Gianni Di Santo

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