Povertà, benzina per le guerre

Come spiega l’Atlante dei conflitti, le disuguaglianze e la miseria sono spesso le radici degli scontri, molti dei quali dimenticati.
Una pericolosa deriva che ci sta trascinando verso il nucleare.

Una vita trascorsa come inviato nei luoghi di conflitto del mondo, dalla ex-Jugoslavia all’America centrale fino all’Oriente, per raccontare le guerre con articoli, video e servizi radio per il Corriere della Sera, il Manifesto, Radio Uno, la Rai. Tra un viaggio e l’altro, la difficoltà di documentarsi, di reperire informazioni, di approfondire. È proprio da questo che a Raffaele Crocco viene l’idea di creare una piattaforma dove chiunque possa trovare notizie e aggiornamenti sulla nascita e sulla fine di una guerra. Un obiettivo a lungo inseguito anche con la fondazione di riviste come Maiz e del quotidiano online Peacereporter (fondato con Gino Strada), fino alla pubblicazione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, il cui primo numero ha visto la luce nel 2009.
Da allora il progetto si è enormemente ampliato potendo contare sul competente contributo di professori, esperti e organizzazioni (per esempio, Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Amnesty International, Banca etica, Arci) non solo per il numero annuale della rivista – un volume di circa 250 pagine con informazioni sulle guerre, sui diritti, su ciò che accade nel mondo – ma anche per i contenuti di due siti, uno inglese e uno italiano, l’organizzazione di mostre (ben 12 in questi 13 anni), un premio fotografico (War and revolutionary stories photography award), attività di incontro e didattica nelle scuole (circa cento all’anno).
Partendo dal presupposto che, come sosteneva lo scrittore Chuck Palahniuk, «per avere in mano la propria vita si deve controllare la quantità e il tipo di messaggi ai quali si è esposti», l’Atlante ha l’obiettivo di informare e far crescere l’idea che «i conflitti siano l’effetto e non la causa dei problemi e che la pace resti la migliore soluzione, la strada giusta. Non per ragioni di buonismo, no, per questione di intelligenza», afferma Crocco. «L’iniziativa si è sviluppata tantissimo, pur essendoci delle difficoltà economiche. Ogni anno dobbiamo ripartire a cercare i fondi per quello successivo, ma la redazione è molto giovane e c’è un grande potenziale. Il 10 dicembre abbiamo presentato l’11ª edizione dell’Atlante, che fino a metà gennaio è in vendita solo online (www.atlanteguerre.it), da febbraio anche in libreria. È un numero uguale agli altri, dunque a ogni guerra sono dedicate quattre pagine, perché per noi ogni conflitto ha pari importanza, tant’è che vengono affrontati in ordine alfabetico per appartenenza continentale. Sono poi presenti delle schede, alcune parti di approfondimento – quest’anno più focalizzate sul conflitto russo-ucraino – e delle infografiche, importanti perché cercano di spiegare le ragioni della guerra attraverso la geografia e le immagini. Infine, in ogni scheda-conflitto sono inseriti anche i tentativi di pace, curati da un gruppo di studio dell’Università di Firenze».
Dalla consultazione dell’Atlante e dei numerosissimi materiali presenti sul sito emerge una situazione tutt’altro che rosea, con numerosi conflitti in espansione senza apparente soluzione, di cui la stampa si occupa per nulla o quasi. «Sicuramente tutto ciò che sta accadendo nella zona dell’Africa subsahariana è di fondamentale importanza anche per il futuro del pianeta e viene raccontato molto poco», riflette Crocco. «Non viene considerata come una guerra organica, quando invece lo è: in Camerun, in Mali, in Nigeria e nel Niger stiamo assistendo a una fortissima ripresa dell’iniziativa jihadista con l’intento di sfaldare gli Stati esistenti e fondare un unico grande Califfato in Africa.

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrini

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