Le città arcipelago
Le pandemia ha aperto nuove possibilità e ha impresso velocità ad alcune trasformazioni. L’architetto Stefano Boeri ci racconta come saranno i centri urbani del futuro.
«Un momento critico che ci ha travolti mettendoci di fronte alla nostra fragilità», sostiene Stefano Boeri, «ma anche un periodo in cui si possono fare scelte radicali, perché ci sono grandi disponibilità. Pensiamo, per esempio, all’alfabetizzazione digitale di questi mesi e alla consapevolezza che possono cambiare, attraverso lo smart working, le modalità di lavoro: processi che in tempo ordinario avrebbero richiesto anni per essere realizzati e invece in poche settimane sono entrati nella quotidianità di milioni di persone». Boeri, architetto di fama internazionale, professore ordinario di Progettazione urbanistica al Politecnico di Milano, guest professor in varie università internazionali, fondatore di Multiplicity, agenzia dedicata allo studio delle trasformazioni delle città, presidente della Triennale di Milano, è conosciuto soprattutto per il Bosco verticale di Milano – definito il «grattacielo più bello e innovativo del mondo» dal Council on tall buildings and urban habitat e landmark e vincitore del premio International highrise award 2014 – e i progetti Città Foresta in Cina e Smart City Forest a Cancun, in Messico, che nascono proprio dalla necessità di concretizzare delle strategie di sostenibilità ambientale anche in ambito urbano. Le città sono un “organismo” molto complesso e la pandemia, secondo Boeri, ha evidenziato alcune misure urgenti da attuare «come la desincronizzazione dei tempi di vita nei grandi centri urbani, a partire dalle scuole, per decongestionare traffico e presenze, e maggiore impiego degli spazi aperti, come strade e piazze, giardini e parchi. A queste si aggiungono una serie di modificazioni più lente, fondamentali a prescindere dalla pandemia, processi virtuosi che in questo periodo hanno subìto un’accelerazione, per esempio la riforma della mobilità urbana».
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Lucilla Perrini