L’Onu serve ancora

Sono passati 75 anni da quel 24 ottobre 1945 che sancì la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni unite. Oggi qual è il suo scopo? Quali le funzioni e le sfide che deve affrontare?

«L’Onu non è stata creata per mandare l’umanità in paradiso, ma per salvarla dall’inferno». Lo diceva Dag Hammarskjöld, nome che oggi ai più dice poco o nulla, ma che fu segretario delle Nazioni unite per ben due mandati, dal 1953 al 1961. Morì in Africa meridionale, dove si trovava per una missione di pace, in un incidente aereo. Forse sarebbe meglio partire da questa riflessione per dare un giudizio più completo sulle Nazioni unite nel 75° anno dalla fondazione, il 24 ottobre del 1945. Più dell’ordinaria amministrazione tendiamo a ricordare gli eventi estremi, non di rado negativi, e per questo quando si parla di Onu è più facile attribuirle i fallimenti che non i successi. Ci ricordiamo del Rwanda, di Srebrenica, di quando l’organizzazione non si è mossa o ha fatto finta di niente. Eppure, con budget in realtà limitati, talvolta è capace anche di grandi cose. I caschi blu, con fondi paragonabili a quelli che ogni anno New York spende per il suo apparato poliziesco, proteggono 125 milioni di persone nei quattro angoli del pianeta. E oltre 100 milioni di persone sono vive grazie all’impegno dell’organizzazione nel campo dell’alimentazione e dell’assistenza sanitaria. Tendiamo ad accusare l’ente di ogni nefandezza, delle sue incapacità, senza comprenderne i limiti strutturali, di finanziamenti e non solo.

Thomas Bendinelli

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