Lacci, un thriller dei sentimenti
Il film di Daniele Luchetti, tratto dall’omonimo romanzo di Domenico Starnone, ha aperto la 77ª Mostra del cinema di Venezia. Una riflessione sui legami, che uniscono e che reprimono.
La buona notizia, per il cinema italiano e non solo, è che la 77ª Mostra di Venezia è andata in scena per davvero. A prescindere dal Leone d’oro, dagli altri premi e da quel pizzico di malinconia che ci ha stretto il cuore vedendo star e addetti ai lavori sfilare su un red carpet pressoché virtuale, riservato solo a fotoreporter e cineoperatori (tutti rigorosamente distanziati e con la mascherina). Si è trattato di un segnale importante. Il primo a livello internazionale, dopo mesi di lockdown. Malgrado tutto, i troppi lutti, le sofferenze, le incertezze sulla nostra quotidianità, il cinema resiste. Anzi, è più vivo che mai. «Negli ultimi tempi abbiamo avuto paura che potesse estinguersi. Invece, durante la quarantena, ci ha dato conforto, come una luce accesa in una caverna», osserva Daniele Luchetti, regista di Lacci, film che ha inaugurato la kermesse del Lido e che sarà nelle sale dal 1° ottobre. «Oggi abbiamo una consapevolezza in più: i film, le serie, i romanzi sono indispensabili alle nostre vite. Il cinema, i libri, l’arte sono beni di prima necessità. Sono fondamentali per ritrovarci come esseri umani e per mantenere la sanità mentale. Lunga vita ai festival!». Fino all’ultimo si è temuto che ricadute sanitarie e difficoltà logistiche potessero mandare in fumo il lavoro del direttore artistico Alberto Barbera e dei suoi appassionati collaboratori. Invece, tutto bene.
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Maurizio Turrioni