Quando il cinema è solidale

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L’emergenza ha moltiplicato gli appelli di cantanti, attori, sportivi all’insegna del buonismo. Ma c’è chi ha saputo smarcarsi da questa beneficenza “pelosa”, come Tom Hanks, Sean Penn e Matt Damon.

Ci avevamo fatto il callo già prima del lockdown. Attori, cantanti, sportivi, giornalisti: tutti a promuovere raccolte di fondi pro questa o quella associazione, a favore della ricerca contro la tale malattia o per le vittime del dato cataclisma. In tv è un susseguirsi di partite del cuore, concerti benefici e appelli ricattatori (lo vedi questo bimbo, proprio ora sta morendo se tu non invii subito un sms o la tua donazione). Dando tutto per buono, il risultato è comunque paradossale: lo spettatore, tirato troppo per la giacchetta, si paralizza, inconsciamente stufo di messaggi il cui solo scopo è di farlo sentire in colpa. L’emergenza sanitaria mondiale per il covid-19 non ha fatto che esasperare l’andazzo. In tv e sul web si sono moltiplicati gli appelli di volti più o meno noti. I grandi marchi ci hanno bombardato di spot all’insegna di un buonismo così smaccato, artefatto, da somigliare a una stucchevole melassa. Siate bravi con guanti, mascherine, distanziamento sociale e ci scopriremo tutti più buoni. Mica vero. La forzata convivenza degli ultimi mesi ha portato a una recrudescenza di violenze familiari e femminicidi. E già ci sono i primi imprenditori inquisiti per aver lucrato su forniture di mascherine e nuovi bisogni. Intanto, artisti e cantanti proseguono negli appelli, mentre tv e giornali raccolgono fondi per la Protezione civile (che di soldi dallo Stato ne riceve già a bizzeffe e caso mai fatica a reperire materiali sanitari e attrezzature).

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Maurizio Turrioni

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