L’umile fascino delle castagne

Bollite o arrostite, venivano mangiate già nell’antica Grecia. Plinio il Vecchio racconta che nelle regioni montuose dell’Impero romano, dove era difficile coltivare il grano, venivano seccate e ridotte a farina per fare il pane. Le castagne sono un tesoro del bosco che è sempre stato consumato dall’uomo e non a caso è protagonista di tante leggende italiane.
In molte regioni si racconta, per esempio, che il diavolo, geloso della loro bellezza e bontà, decise di distruggerle. Per farlo, le lanciò nel fuoco, ma il calore non fece altro che migliorarle, rendendole più dolci e facili da sbucciare. Si narra anche che le streghe le usassero nei loro incantesimi: le raccoglievano durante la notte per preparare pozioni magiche. Una leggenda, questa, che, secondo Andrea Zanfi, autore di La castagna, tra tradizione, leggende e gastronomia, ha contribuito a creare un’aura di mistero intorno a questi frutti e ai luoghi in cui crescono.
Un tempo, dato che sono ricche di amidi e carboidrati, venivano mangiate dai più poveri, che non potevano permettersi neanche un pezzo di pane, tant’è che il castagno era chiamato anche albero del pane. Poi, nel corso dei secoli, l’uomo ha deciso di passare dalla raccolta spontanea alla coltivazione e, con potature, innesti ed esperimenti, ha dato vita al marrone, più grande, più dolce e croccante, delizioso nella veste di marron glacé.

Il seguito sulla rivista.

di Lucilla Perrini

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