Generazione G

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Isolamento, abuso di alcol, depressione, violenza. I giovani di oggi sono sempre più fragili e disorientati. È compito di noi adulti provare a fornire orizzonti di senso che diano valore e significato alla vita.

Ansia, Imbarazzo, Noia, Invidia. E poi le classiche Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto, Paura. Sono le protagoniste del film Inside Out 2, record di incassi che mostra il malessere di fondo dei nostri giovani, sempre più smarriti e alla ricerca di un senso.
Pedagoghi, educatori, insegnanti, genitori hanno davanti una generazione che non ha problemi specifici e contingenti, ma che è alle prese con una questione sostanziale: il significato della vita, del cammino e del destino di ciascuno.
L’adolescenza è da sempre un periodo complesso, caratterizzato da una tensione inquieta, terreno fertile per domande profonde ed esistenziali. Tuttavia, mai come oggi assistiamo a un’esasperazione di questo disagio, che non trova risposte adeguate né in famiglia né a scuola.

UNA SOCIETÀ INDIVIDUALISTA
Come osservato dal celebre psicologo Viktor Frankl, fondatore della logoterapia, il desiderio di trovare un significato è il motore che guida le nostre azioni. Tuttavia, i giovani di oggi sembrano perdersi in questa ricerca, soffocati dalle aspettative di una società che esalta la realizzazione individuale a scapito delle relazioni. E così sono all’ordine del giorno comportamenti un tempo rari, che rappresentano una sfida per gli adulti: abbandono scolastico, problemi alimentari, autolesionismo, attacchi di panico, solitudine, pensieri suicidari. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), quasi un miliardo di persone nel mondo soffre di disturbi mentali e il 14 per cento di queste sono adolescenti.

PERSISTE IL PROBLEMA DEI NEET
Parallelamente l’Italia si confronta con il problema dei Neet (Not in education, employment or training), giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione. Nel nostro Paese se ne contano 2,1 milioni (18 per cento) nel 2023, una cifra che ci colloca al secondo posto in Europa, preceduti solo dalla Romania (19,8 per cento). Vero è che i casi sono calati rispetto al 2022 (19 per cento) e al 2014 (26,2 per cento), ma siamo ancora lontani dalla media europea che si attesta all’11,2 per cento. Un fenomeno che, tra l’altro, costa alle casse dello Stato l’1,4 per cento circa del Pil, cioè oltre 25 miliardi di euro all’anno.
Giovani, i Neet, spesso privi di una rete di supporto, che si trovano a dover affrontare un futuro incerto, senza le competenze necessarie per inserirsi nel mercato del lavoro. Il rischio è quello di una depressione diffusa, alimentata dall’isolamento e dalla mancanza di un progetto di vita.
La risposta è anche nelle mani degli adulti, chiamati a fronteggiare questa crisi con maggiore consapevolezza e impegno. È fondamentale che famiglie, scuole, istituzioni creino spazi di ascolto e di relazione, cercando di proporre soluzioni concrete e tempestive.

Il seguito sulla rivista.

di Cristina Colli

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