Danilo Rea: «Il jazz è libertà»

Il pianista, vicentino di origine e romano d’adozione, ama l’improvvisazione, un compromesso tra rigore della partitura ed estemporaneità dei sentimenti.

Musicista sul palco, padre a casa. E viceversa. Danilo Rea trasforma il flusso di pensieri e sentimenti in musica, guidato dallo spirito e dal talento per l’improvvisazione. Una passione che condivide con la figlia Oona, con la quale forma un potente duo per pianoforte e voce. Come hanno dimostrato a Roma, in occasione dell’ultima Giornata internazionale del jazz, che si celebra ogni anno il 30 aprile. Oppure a Ravenna, in un concerto all’insegna del confronto intergenerazionale tra padri e figlie, dove sono saliti sul palco insieme a Roberto e Beatrice Gatto.
«Lavorare con i figli non è facile, perché significa portare i rapporti familiari, intensi e spesso controversi, in musica e sul palco», ammette il pianista vicentino. «Ma è anche una via che conduce a scoperte notevoli. L’importante è fidarsi l’uno dell’altro, mettere da parte la diffidenza. Questo vale in generale per la musica. Bisogna suonare con persone nelle quali si ripone una grande fiducia, sapendo che, anche se uno sbaglia, l’altro non lo abbandonerà».
Una lezione che Rea ha imparato agli inizi della sua carriera musicale, quando nel 1975 ha debuttato insieme a Enzo Pietropaoli e Roberto Gatto nel Trio di Roma. Gli anni Settanta sono il periodo d’oro della musica jazz nel nostro Paese, quando da sound di nicchia che circolava nei piccoli club questo genere diventa progressivamente uno dei più amati e ricercati. In Italia arrivavano da oltreoceano i grandi nomi: da Lee Konitz a Chet Baker, da Miles Davis a Steve Grossman.
«Fu un battesimo del fuoco», confessa Rea, raccontando il loro debutto assieme a Konitz, celebre sassofonista e compositore jazz statunitense. «Pepito Pignatelli aveva un club a Roma, il Music Inn, proprio sotto il Tevere. Il locale più umido della città. Ci disse che Konitz stava arrivando in Italia e ci spedì in Sicilia per suonare insieme a lui.

Il seguito sulla rivista.

di Daniele Valentino

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