L’eredità di Andrej Sacharov
Figlia adottiva del grande scienziato e Premio Nobel per la pace, la dissidente Tatiana Yankelevich Bonner racconta la sua battaglia per i diritti umani nella Russia di allora e di oggi.
Sul finire dell’anno scorso è stata pubblicata la biografia Andrej Sacharov. L’uomo che non aveva paura, di Ksenija Novochatko (Caissa Italia), una graphic novel adatta anche a un pubblico giovane sulla vita del grande scienziato sovietico Nobel per la pace 1975. Oltre alle rilevanti scoperte in ambito fisico – aveva partecipato alla sperimentazione delle prime bombe termonucleari sovietiche e intuito quella che oggi si chiama simmetria CP nella composizione dell’universo –, Sacharov è passato alla storia per l’inesausta lotta per i diritti dell’uomo: perseguitato per aver contestato il nucleare, si è speso per il disarmo, per i prigionieri politici e le minoranze. Nel libro da poco in commercio sono contenuti interventi di Tatiana Yankelevich Bonner, la sua figlia adottiva, anch’essa minacciata dal regime sovietico e costretta a emigrare negli Stati Uniti con il marito e i due figli alla fine degli anni ’70. “Ho accettato Sacharov nella mia vita non in modo accondiscendente in qualità di compagno e poi secondo marito di mia madre, ma come un essere umano fenomenale con cui io, mio fratello e anche mio marito, che poi divenne il suo rappresentante negli Stati Uniti, abbiamo creato un rapporto di rispetto, ammirazione e affetto”, racconta. “Essere legati a lui significava subire continuamente controlli e vessazioni, ma già da prima di conoscerlo avversavo il regime comunista: leggevo clandestinamente il Dottor Zivago e avevo un altro quadro di ideali, gli stessi che oggi sono fortemente criticati”. La Bonner, professoressa di Letteratura e storia in varie Università, curatrice dei Diari di Sacharov, è oggi cittadina americana: “In Russia ho mantenuto contatti di amicizia e di lavoro con persone che lottano per i diritti umani, ma torno saltuariamente. Fin dai giorni della discesa in campo di Putin, mia madre aveva predetto il degrado e la sconfitta della seppur già debole democrazia. Con lui ha preso il via un processo di fascistizzazione, facilitato dagli intellettuali che si sono posti al suo servizio. Malattie profonde come la sindrome dell’imperialismo e della grande potenza che deve dominare il mondo, ideologie che il governo Putin ha messo davanti a tutto, hanno colpito gli intellettuali russi, che restano tra l’altro convinti della loro esclusività. Invece stiamo tornando ai tempi di Stalin, anzi, siamo già lì. Ad eccezione del numero di persone uccise o mandate nei gulag, che fortunatamente ad oggi sono minori, si respira lo stesso spirito. E con stesso spirito intendo trovarci ogni giorno ad avere a che fare con torture, maltrattamenti di persone malate che stanno morendo nei campi dopo essere state percosse o a cui vengono negati i trattamenti medici. C’è un grande clima di odio verso qualunque manifestazione di pensiero o azione indipendente e si mira a distruggere qualunque cosa sia ancora viva in Russia”.
Un Paese che limita le libertà e da cui paradossalmente una parte dell’Occidente è affascinata. “Oggi il mondo con una velocità allarmante si fa ipnotizzare dai populisti, quasi fascisti o protofascisti”, riflette la Bonner. “Si tratta di un modo di pensare pericoloso che spinge le nazioni a eleggere persone forti, il che può portare naturalmente anche alla proliferazione dei regimi fascisti. In particolare mi spaventano l’Ungheria e l’estrema destra francese. La chiave, però, resta l’Ucraina: penso che se non viene messa dalla comunità delle nazioni libere e democratiche nelle condizioni di vincere la guerra non avremo nessun miglioramento in Russia, ogni chance di democrazia sarà inutile e nulla cambierà per quanto riguarda i diritti umani. Non so cosa debba essere fatto per contrastare un regime che sta portando avanti una guerra completamente priva di senso, che mira alla distruzione di un’intera nazione, di tutto ciò che è ancora in piedi e funzionante in Ucraina. Sacharov anni fa aveva detto che quando un leader non stima i diritti dei propri cittadini e non si sente responsabile davanti agli elettori, il suo regime è molto pericoloso per i vicini e per tutta la società internazionale. La Russia di Putin rappresenta questo”.
Soluzioni facili o vie d’uscita non ce ne sono. “L’umanità deve saper trovare un linguaggio comune. Se non c’è, se non esiste la via di stare uniti, sicuramente non regge. Era questo il messaggio del grande fisico Niels Bohr che mio padre ha accolto come proprio e alla luce del quale ha preso le
decisioni più importanti”, conclude la professoressa. “Forse il ricordo più bello che ho è il periodo in cui ha iniziato a scrivere una nuova Costituzione russa a casa mia, nel Massachusetts, sotto la pergola di uva. Si alzava molto presto e lavorava con passione finché mia madre non si svegliava. Era convinto che l’errore fosse stato costruire la nazione a partire dal tetto e non dalle fondamenta. È da lì che voleva ripartire, ed è quello che dovremmo fare anche noi oggi”.
di Marta Perrini