Memoria, Costituzione, Festival e tempo di Quaresima

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Al di là dei vincitori, quello che resta, dell’ultimo Festival di Sanremo, è quel senso di italica virtù del saper stare insieme.

Come una grande famiglia. Giovani e vecchi, acculturati e meno. Il presidente della Repubblica, commosso sul palco, ad ascoltare l’inno d’Italia canticchiandolo a fior di labbra mentre Gianni Morandi lo intonava col microfono. Il monologo di Roberto Benigni sulla Costituzione, pensato per arrivare a tutti e far apprezzare la nostra Carta fondamentale cosa viva e non soltanto una lezione da imparare per l’esame all’università. Il modo paterno di Amadeus di avvicinarsi a Blanco, che aveva appena distrutto i fiori, con l’intento di capire cosa gli era frullato in testa, come si fa con un figlio prima di metterlo in punizione. 
In fondo il Festival è stato un grande esercizio di memoria collettiva e di capacità di dialogo. Confesso che conoscevo pochi dei cantanti in gara, quelli che sono idoli per gli adolescenti. E già questo dice di un distacco generazionale da colmare. Se noi adulti vogliamo davvero ascoltarli, questi ragazzi, dovremmo cominciare dal loro linguaggio, dalle loro paure, dal loro modo di vestire, dalla loro commozione. 

Il seguito sulla rivista.

di Annachiara Valle

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