Il mito di Lady D
Dopo avere realizzato un film su Pablo Neruda e un altro su Jackie Kennedy, il regista Pablo Larraìn racconta, nella pellicola Spencer, la storia della “principessa triste”, impersonata da Kristen Stewart.
Sotto la veletta nera del cappello, lo sguardo timido e misterioso. Straordinaria la somiglianza tra Lady Diana e l’attrice Kristen Stewart, chiamata dal regista Pablo Larraìn a impersonarla nel suo Spencer, film biografico presentato all’ultima Mostra del cinema di Venezia (dal 20 gennaio nelle sale). Anzi, il fascino della star di Twilight è perfino superiore alla bellezza un po’ bambolesca della principessa.
Resta il cuore di questa furba operazione cinematografica: a 25 anni dalla tragica morte, celebrare l’ultima figura iconica della scena mondiale. La giovane, bella e ingenua, finita stritolata dagli ingranaggi del jet-set e soprattutto dalla rigida etichetta dell’ultima vera casa reale del pianeta: i Windsor dell’eterna regina Elisabetta II.
Il film copre l’arco di tre giorni, quelli della vigilia delle festività natalizie del 1991, che la royal family trascorse come di consueto nella tenuta di Sandringham House, nel Norfolk. Gli attriti di corte, assurti ormai a livelli esasperanti. Il prolungato tradimento del principe Carlo con Camilla Parker Bowles, sua vecchia fiamma. I piccoli William e Harry, che lei vorrebbe crescere amorevolmente come figli, ma che le vengono sottratti per gli obblighi del protocollo reale. La depressione e la bulimia, acuiti dallo sdegno privo di comprensione del consorte. Quel senso di oppressione e di angoscia che la fa sentire in trappola. Sono questi gli stati d’animo in cui Diana Spencer matura la decisione di chiedere il divorzio al marito Carlo, principe di Galles nonché erede al trono d’Inghilterra.
La storia è arcinota, su di essa sono stati scritti oceani di parole. E girati fior di film, come gli episodi della serie The Crown, con cui la piattaforma Netflix ha messo a segno uno dei suoi maggiori successi.
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di Maurizio Turrioni