Silvia-Aisha e l’unità d’Italia

Ci siamo stretti, di fronte ai giorni più duri dell’emergenza, e abbiamo riscoperto le qualità più belle dell’essere italiani.

In quei momenti ci siamo sentiti gli uni partecipi del dolore degli altri, chiamati a una comune responsabilità. Persino più buoni. La nostra umanità ha avuto il sopravvento, il nostro Paese ci ha uniti, il silenzio delle strade ci ha fatto meditare sui nostri errori. E tutto questo ci ha strappato la promessa che no, non saremmo più tornati a essere come prima. Che avremmo cercato l’essenziale, che ci saremmo esercitati nella difesa del bene comune. Abbiamo chiamato eroi i nostri medici, le nostre infermiere, le nostre forze dell’ordine, i nostri militari, la protezione civile, tutti quelli che si stavano adoperando per tutelare al massimo la vita nostra e dei nostri cari. Ci siamo sentiti una famiglia, grande e protettiva. Ci siamo commossi. E abbiamo esultato, istintivamente, per la liberazione di Silvia Romano, la giovane cooperante italiana rapita in Kenya il 20 novembre del 2018.

Il seguito sulla rivista

Annachiara Valle

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