I giovani che fanno grande il nostro Paese
Che meraviglia, questa bella, giovane Italia. Visi freschi, quasi sempre entusiasti, allegri e ben disposti a parlare dei sacrifici compiuti. Per vincere e regalare sogni. Sono gli atleti vincitori del Campionato europeo di atletica, che si è tenuto lo scorso giugno a Roma. Scrivo questo articolo in attesa delle Olimpiadi di Parigi, che probabilmente si staranno svolgendo mentre leggete queste pagine. Insomma, potrei essere smentito. Ma penso proprio di no. Credo che l’attuale generazione di giovani (generazione Z? Millennials? Non so, fate voi, le categorie non mi hanno mai appassionato) sia fatta da volti e voci che, purtroppo, rischiamo di dimenticare. Perché siamo sempre pronti a sottolineare e riaffermare le mancanze, le pigrizie, le superficialità dei ventenni («non votano», «non partecipano», «non rispettano le regole», «sono pigri», «non conoscono la storia», «non leggono i giornali, né i libri»). Siamo pronti a recriminare (quale adulto non si guarda mai indietro con nostalgia per la gioventù del proprio tempo? Aristotele docet) e ad alzare le spalle con sufficienza senza preoccuparci, almeno per un attimo, di valutare con prudenza.
Poi appaiono, appunto, questi fenomeni (e, sia chiaro, non è un termine sociologico): Mattia, Lorenzo, Marcell, Chituru, Yeman, Ali… E mi scusino quelli che tralascio. Hanno a volte nomi (di battesimo) per noi originali, hanno una pelle molto diversa (mettiamola così) da quella che riteniamo (superficialmente) rappresenti l’italianità. Ma questi giovani parlano (e bene) la nostra lingua. A volte con l’inflessione del territorio nel quale sono cresciuti. Cantano l’inno di Mameli, scherzano, sorridono, sono seri quando serve. E poi, soprattutto, vincono. A volte stravincono. E nel medagliere fanno trionfare il nostro Paese.
Il seguito sulla rivista.
di Vittorio Sammarco