Dai maestri agli influencer
Se i primi erano guide autorevoli che insegnavano il pensiero critico, i secondi indicano solo mode e modelli da seguire. L’antidoto per non farsi fagocitare resta quello di fare valere le proprie idee.
I modi di vivere e le espressioni che meglio li identificano evolvono e cambiano con la società. Si assiste, talvolta senza rendersene conto, all’eclissarsi di alcune figure che hanno attraversato la storia e che a un certo punto sono relegate a un ruolo marginale, soppiantate da altre che sembrano conquistare la ribalta. Film, libri, programmi televisivi, dibattiti, ricerche decretano che il ruolo emergente è oggi quello dell’influencer. Nell’uso originale inglese si tratta di una persona pagata da un’azienda per mostrare e descrivere prodotti e servizi sui social media, incoraggiando altri utenti ad acquistarli. Nell’uso abituale italiano, più che questo aspetto commerciale correlato al marketing e all’advertising, ha preso piede un significato più ampio, sovrapponibile per certi versi a quello che saremmo portati a chiamare classicamente “il testimone”. Il ruolo dell’influencer arriva addirittura ad affiancare o a sostituire quello del maestro. Si tratta solo di un aggiornamento linguistico e di un fenomeno di moda o c’è qualcosa di più dietro la terminologia? Il primo aspetto da considerare è che il posto un tempo occupato dalla cultura e dalla riflessione si riduce sempre di più, soppiantato dalla necessità di monetizzare tutto. Da decenni si vive sotto la dittatura dell’audience e dei sondaggi, entrando così nella prospettiva di dare al pubblico ciò che piace, ciò che aumenta il numero dei contatti, a scapito dell’attenzione per il ruolo di costruzione sociale che è in mano a chi fa opinione. Si diventa famosi soprattutto attraverso la comunicazione online e le immagini. È la regola dei social media, di Tik Tok, Instagram o Facebook, che hanno un impatto non solo sui più giovani, ma su tutta la famiglia e sulla società. Sono gli influencer i nuovi maestri della nostra epoca? Non si può generalizzare. Meglio capire cosa ciascuno dà di sé nello spazio comunicativo.
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don Roberto Ponti