Per una scienza sempre più rosa

A novant’anni dalla morte di Marie Curie, solo una ragazza su tre si laurea in materie scientifiche. Per superare il gap di genere occorre scardinare stereotipi obsoleti e puntare sulla formazione.

Una bara foderata di lamine di piombo spesse circa un pollice per evitare contaminazioni. È quella di Marie Curie, una donna capace di abbattere limiti e frontiere, il prototipo ideale della scienziata. Prima a vincere un Nobel e a ottenere una cattedra alla Sorbona, si ammala gravemente a causa dell’esposizione continua alle radiazioni di radio e polonio, gli elementi che lei stessa aveva scoperto. A novant’anni dalla sua morte il mondo è cambiato, ma il problema delle donne nella scienza è ancora attuale, urgente. 
Non solo queste ultime sono poche, ma anche scarsamente rappresentate: non sono molti i libri o i film che hanno come protagoniste delle scienziate. Uno studio del Geena Davis Institute dimostra, infatti, che nelle pellicole i ruoli di ingegneri, scienziati, matematici sono interpretati sette volte di più da uomini. 
Gli stereotipi, lo sappiamo, si radicano nella mentalità e sono difficili da spazzare via. In Europa, dove si laureano più femmine che maschi, solo uno su tre dei titoli in ambito Stem (Science, technology, engineering and mathematics) è raggiunto da ragazze, le quali occupano il 22 per cento dei posti di lavoro tecnologici nelle aziende. Secondo le Nazioni Unite tale divario di genere persiste in tutto il mondo e, anche quando  le donne sono impiegate nel settore scientifico, pubblicano poco, sono pagate meno rispetto ai colleghi di pari grado e non fanno carriera tanto quanto gli uomini. 
È difficile invertire una tendenza globale che affonda le proprie radici in usi e costumi centenari, se non millenari. Come spesso capita sui temi dell’eguaglianza di genere, il nostro Paese è il fanalino di coda: già sotto la media in Europa per il numero complessivo di laureati, tocca il fondo con il 16,6 per cento di ragazze che concludono il percorso universitario in discipline scientifiche e che in queste aree sono occupate per dieci punti percentuali in meno. Numeri esigui, troppo esigui. A poco servono iniziative di sensibilizzazione come la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza che si celebra l’11 febbraio di ogni anno. Occorre formazione, fin dalla giovanissima età, come previsto dalle linee guida della legge di Bilancio del 2023.
L’associazione culturale Chirone, nata nel 2010, da cinque anni ha deciso di occuparsi unicamente di divulgazione scientifica. È partner di Stem in genere, progetto nato da un’idea dell’Università di Brescia, vincitore del premio Pubblica Amministrazione Sostenibile 2023, nella categoria Parità di genere. L’iniziativa propone attività per studenti e studentesse delle scuole superiori e dell’università, formazione per i docenti, eventi aperti alla cittadinanza.

Il seguito sulla rivista.

di Marta Perrini

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