Buongiorno, mamma! la vera storia
Nazzareno Moroni ha accudito per 29 anni la moglie in coma, prendendosi cura delle loro figlie. Dalla sua vicenda è tratta la serie tv con Raoul Bova.
Si può restare dentro una storia, per quanto dolorosa, difficile, travagliata, senza scappare. Per una promessa fatta davanti a Dio. È la storia di Nazzareno e Angela, che comincia ad Avezzano, al liceo. Angela è una splendida «ragazza seria», come si diceva una volta, inavvicinabile nella sua rocciosa onestà. La noiosa vita di provincia fa scattare la sfida a chi può rubarle il cuore.
La scommessa la vince Nazzareno. Un amore cominciato per scherzo e durato più di 50 anni, come ha raccontato la serie tv Buongiorno, mamma!, con Raoul Bova. Maturità insieme, poi l’università, un diversivo fino a quando matura la consapevolezza che lo studio non è una priorità. Amarsi, invece, sì. Quasi un presagio del tempo che sarebbe stato strappato via. Il matrimonio semplice, perché la cartolina dello Stato italiano detta i tempi. Se non studi, devi partire come militare.
Il destino decide per loro. Nello stesso giorno fissato per il matrimonio, Nazzareno deve partire. Muovono mari e monti, ma riescono ad assicurarsi solo cinque giorni di rinvio. Neanche il tempo per la luna di miele.
Il desiderio di famiglia resta. In pochi anni arrivano cinque splendide bambine. La voglia di figli è nel Dna di entrambi: Angela e i suoi fratelli erano in nove, Nazzareno e i suoi in cinque. Tutto sembra avviato. Fino a quel giorno di gennaio. Quell’indimenticabile, drammatico, assurdo giorno di gennaio. Angela non vorrebbe alzarsi dal letto, inchiodata dalla stanchezza. Si alza per preparare il pranzo, con in braccio l’ultima bimba, di 15 mesi. Spadella, apparecchia, si siedono a tavola. Lei quasi si abbatte sulla sedia. Improvvisamente di piombo. Mentre le bambine chiacchierano, si lamentano, si sovrappongono, il suo corpo scivola dalla sedia. Va sempre più giù, ingoiato da un buio sordo. L’arresto cardiaco si scoprirà dopo: il cervello che non viene ossigenato per diversi minuti, la rianimazione, il trasporto al pronto soccorso, lo stato di coma profondo.
Dopo le prime confuse e inspiegabili ore, Angela sembra lentamente riemergere. E Nazzareno, che non l’abbandona un istante, inizia l’attività che lo accompagnerà poi per sempre: sperare. E i giorni gli danno ragione: i medici sussurrano ottimismo, sembra che Angela possa risalire dalla voragine in cui è finita, tornare alla sua vita.
Poi di colpo, all’improvviso, le cose precipitano: sprofonda ancora più giù. Nazzareno sempre proteso, sempre in bilico tra cuore e testa, per afferrarla, trattenerla, in un’altalena di avvicinamenti e abbandoni, sussulti e angosce, fino alla stabilizzazione. Una quiete ferma e muta: stato vegetativo persistente.
Il seguito sulla rivista.
di Cristiana Caricato